Una stagione da sogno, un futuro di gloria

Lo striscione esposto a Cremona dai tifosi giallorossi sintetizza in maniera esemplare il senso del campionato del Catanzaro e i sentimenti che albergano nell’animo dei suoi entusiastici sostenitori. Certo, la delusione è forte, perché, non nascondiamocelo, ci speravamo e ci credevamo che si potesse realizzare il sogno di approdare alla finale playoff per giocarsi l’accesso alla massima serie. Così non è stato: la squadra è rimasta negli spogliatoi dello Zini, nel senso che è apparsa svuotata, stanca, priva di lucidità, quasi irriconoscibile, con fraseggi lenti, una costruzione dal basso elementare, appoggi semplici sbagliati malamente e completa assenza di cattiveria e aggressività. La Cremonese, compagine solida, forte fisicamente e ricca di calciatori esperti e di qualità, ha dominato per tutto il primo tempo, chiudendo la pratica semifinale in poco più di mezz’ora, il resto è cronaca irrilevante, se non per le statistiche. A dimostrazione del fatto che la trasferta in terra lombarda era predestinata negativamente ci stanno gli errori che hanno contrassegnato l’incontro, compiuti dai calciatori simbolo come Antonini, Iemmello e Vandeputte, autori di tre leggerezze sanguinose che hanno scritto la parola fine ad una bella favola. Una vittoria è stata sicuramente centrata, ed è quella della tifoseria giallorossa, che ancora una volta ha dimostrato sportività, passione e soprattutto amore per i colori del cuore. Lo spettacolo sugli spalti è stato magnifico, con un numero di spettatori di fede giallorosso pari alla metà del totale, che ha incitato ininterrottamente per tutta la partita e ha tributato gli onori dovuti ad un gruppo che ha messo in campo anima e sangue e ci ha fatto vivere momenti indimenticabili. Perché il grande merito di questa squadra è quello di avere fatto ritornare il sorriso sul volto dei catanzaresi, di avere restituito coraggio e speranza ad un popolo in ginocchio e di avere fatto riscoprire in tutta la penisola l’orgoglio di appartenere ad una terra un poco dannata, ma meravigliosa, spesso negletta, ma capace di trasmettere, con la sua bellezza e la sua semplicità, autentica felicità.
Ora, il rammarico per quello che poteva essere e non è stato non deve farci dimenticare quanto è accaduto fino a ieri sera. Non dimentichiamoci della gioia spensierata provata, grazie a Vivarini e ai suoi discepoli, negli ultimi due anni: ci siamo resi conto che non erano importanti la vittoria o la sconfitta, ma il piacere di vedere geometrie di gioco perfette, soluzioni tattiche imprevedibili, interpreti creativi e soprattutto di poter guardare negli occhi senza paura, e anche con un minimo di alterigia, qualunque avversario. Che soddisfazione interiore! Non scordiamoci le storiche vittorie esterne a Genova e Parma, ma anche tutte le altre in cui si sono scritti capitoli fondamentali di un trattato sulle forme virtuose del calcio. Non perdiamo di vista lo splendore dei due derby contro il Cosenza, cotti e mangiati senza discussione e senza peraltro cadere in polemiche sterili e inutili. E poi non dimentichiamoci delle pagine di storia scritte nell’ultimo mese, che hanno sbiadito il ricordo della semifinale mondiale del 1970 contro la Germania, dalla vittoria bella, divertente ed esaltante contro il Venezia, con il rigore all’ultimo minuto tirato da Iemmello, parato, ritirato e realizzato, alla girandola di emozioni da infarto contro il Brescia, con la rete di Donnarumma all’ultimo secondo dell’ultimo minuto di recupero, per finire con la entusiasmante rimonta casalinga contro la Cremonese, recuperando due reti e sfiorando la terza in più circostanze. Sono tutte scolpite in eterno nella nostra mente.
Per tutto questo, e per quello che cova da qualche tempo nei nostri spiriti, un ringraziamento sincero e un inchino devono essere indirizzati alla famiglia Noto, ai direttori Foresti e Magalini, all’ormai mitico allenatore Vivarini con il suo staff e a tutti i calciatori per le gioie che sono stati capaci di regalarci e che hanno reso la nostra esistenza un poco più felice, ma anche per averci fatto scoprire di appartenere ad una grande comunità di affetti, con la quale poterci abbracciare per condividere insieme qualche tratto del nostro percorso di vita. Oggi l’aquila imperiale che campeggia su un gonfalone colorato di giallo e di rosso mi sembra più bello che mai!
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