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Il giusto rispetto per Catanzaro e il Catanzaro

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La partita casalinga con lo Spezia si può considerare un autentico esame di maturità. La crescita della squadra dimostrata nelle ultime giornate è stata messa alla prova contro un avversario forte e tatticamente ben costruito, che viaggia fin dall’inizio nei piani alti della classifica insieme a Sassuolo e Pisa.

Ne è venuta fuori una sconfitta, ma a fronte di una prestazione sontuosa, in cui per tutto il secondo tempo si è giocato ad una porta e la difesa ligure è stata messa alle corde. In questo caso la fortuna non ha aiutato i giallorossi, ma si sa bene che ci sono partite che nascono, e finiscono, storte: questo è il bello, ma anche il brutto, del calcio.

Al termine di uno scontro perso in maniera immeritata rimane, però, l’immagine nitida di una compagine capace di affrontare chiunque a viso aperto, perché non inferiore a nessuno. Si era intravisto in terra toscana, con il pareggio contro il Pisa, ed è stato ribadito in modo ancora più forte contro gli spezzini.

Una considerazione, polemica, va fatta. Il sistema VAR, come sostiene l’amico Fabio Migliaccio, è una conquista, perché la tecnologia consente di evitare errori grossolani e palesi ingiustizie. Sennonché, la piega che ha preso il suo uso forsennato, favorito dall’introduzione di regole a dir poco cervellotiche, sta conducendo il calcio, almeno nel nostro Paese, verso esiti irrazionali, che stanno letteralmente alterando il senso dello sport.

Quella discrezionalità dell’arbitro che si voleva contenere entro limiti consentiti, si sta trasmettendo, inopinatamente, alla sala VAR, ovvero ad un luogo che ripete i caratteri del non-luogo virtuale, perché invisibile e inafferrabile, capace, però, di condizionare le partite con interpretazioni personali, da parte di uomini senza volto, a volte contrarie a quelle di chi si trova sul campo.

Delle due l’una: o la terna arbitrale rimane giudice degli eventi e la tecnologia è chiamata ad operare in funzione integrativa e correttiva di errori e sviste, o i supporti tecnici assumono un ruolo primario, deresponsabilizzando arbitro e collaboratori riguardo alle scelte da assumere. Quest’ultima sembra l’ipotesi che sta prevalendo e onestamente penso che nessuno sia contento della direzione intrapresa.

È diventata esperienza comune rimanere con il fiato sospeso ogni volta che il pallone finisce in rete, visto che è necessario attendere la conferma della sala VAR, non soltanto per sapere dell’esistenza di un eventuale fuorigioco, ma anche della possibilità di un fallo, forse commesso, magari quaranta metri prima.

Niente da dire sulla necessità oggettiva di valutare se c’è o no un fallo da rigore o un fuorigioco, ma non si può lasciare al giudizio discrezionale di terzi se il fuorigioco è attivo o passivo, se un calciatore in posizione dubbia oscura o no la visione del portiere, se il tocco di mano o di braccio è dovuto ad un movimento naturale o innaturale durante il salto o la scivolata, per non dire degli interventi scomposti che possono causare o no un’espulsione.

Le interpretazioni difformi compiute dalla sala VAR in questo scorcio di campionato non si contano più. Per rimanere al Catanzaro, nessuno si è dimenticato l’annullamento, nella passata stagione, del gol di Antonini contro la Cremonese, per un fuorigioco dovuto a pochi centimetri di spalla che non hanno certamente consentito di avvantaggiarsi nel colpo di testa decisivo.

Ma qual è stata la motivazione recondita dell’annullamento della rete di Compagnon contro il Brescia, con un fuorigioco di Iemmello del tutto ininfluente? E per rimanere all’ultima partita con lo Spezia, ha senso concedere il calcio di rigore, con approvazione della sala VAR, mandare Iemmello sul dischetto e poi stare fermi ad aspettare diversi minuti il responso della strumentazione tecnologica per ritornare sulla decisione iniziale e decretare un fuorigioco invisibile per tutti?

Ora, lungi da me qualunque idea complottista, ma è certamente vero che almeno in questo campionato gli episodi sfavorevoli ai giallorossi cominciano ad essere consistenti, senza contare che spesso la gestione arbitrale delle partite ha lasciato piuttosto a desiderare.

L’incontro, bello ed avvincente, con lo Spezia, ad esempio, si è caratterizzato per la maggiore fallosità dei liguri: nulla da dire se si adotta, per tutti, il cosiddetto metro all’inglese, ma non va affatto bene se poi si ammoniscono due calciatori catanzaresi per le giuste rimostranze e non si ammonisce nessuno degli avversari e se si consente un gioco frammentario che penalizza chi deve recuperare lo svantaggio.

Una società solida e corretta come quella del Catanzaro, dimostrato di recente dal premio riconosciuto al presidente Noto, merita rispetto, come meritano rispetto i suoi tifosi, che da anni stanno dando palese manifestazione di passione, entusiasmo e signorilità su tutti i campi di calcio. Ci auguriamo che da qui in avanti ci sia la giusta attenzione e non si subiscano torti ed ingiustizie, che possano indurre a pensare ad atteggiamenti dovuti a qualche vetusto pregiudizio. Del tutto ingiustificato in un’epoca di globalizzazione.

CREDIT FOTO: US Catanzaro 1929

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