Tutto è bene quel che finisce bene?
Di Alberto Scerbo
Ho conosciuto il calcio giocato con il Catanzaro in serie B, quando, accanto a mio padre, seduto sulle gradinate del Prato e all’ombra dell’indimenticato pino, tra le fila dei giallorossi militavano Ghersetich e Gasparini, Maccacaro e Mecozzi, Raise e Marchioro. Ho ritrovato la serie B, dopo l’esaltazione della serie A e quasi tre lustri vissuti tra gli inferi della serie C, all’inizio degli anni 2000, accompagnato questa volta da mio figlio, perso nell’ammirazione di Giorgio Corona. Ho dovuto attendere quasi vent’anni per ritrovare la serie B, ormai nonno, ma ora in compagnia di mia figlia, spettatrice attenta all’aspetto tattico e sfegatata tifosa giallorossa. Ho veramente sospirato il momento di riassaporare il gusto della cadetteria e, sebbene con qualche apprensione, mi sono preparato a vivere questa indicibile sensazione. E invece no. Niente primo incontro casalingo al Ceravolo e serata sul divano a masticare amaro. E sì, perché neppure la possibilità di seguire le aquile in terra di Puglia è stato concesso, se non in misura molto limitata, assolutamente improponibile. La prima “trasferta casalinga” si è giocata, così, in un’atmosfera surreale, in un luogo asettico e indefinito, privo del calore del pubblico e con l’eco delle voci di allenatori e calciatori. Bene ha fatto la società a ringraziare tutte le istituzioni, politiche e calcistiche, per la disponibilità, l’impegno e la comprensione, ma noi, che siamo fuori dal balletto dei salamelecchi di facciata, possiamo, e abbiamo l’obbligo, di fare qualche considerazione, fuori dai denti. Innanzitutto, in tutte le occasioni è stato ribadito che i lavori meno problematici riguardavano l’impianto di illuminazione: in verità, i problemi sono stati creati proprio da queste opere, tanto è vero che è stato necessario lavorare nella notte tra domenica e lunedì per concludere l’opera di puntamento dei fari. Ora, non si può negare che sussiste qualche responsabilità degli addetti ai lavori, ma non va dimenticato neanche che il termine previsto non è stato rispettato per qualche giorno, e comunque in tempo utile per far disputare nello stadio Ceravolo la partita con la Ternana. E qui si impone qualche valutazione di carattere generale sulle modalità di gestione del calcio italiano. Per chi insegna da oltre trent’anni in un corso di laurea in Giurisprudenza il rispetto delle regole ha quasi un valore sacrale, a condizione, però, che le norme siano dotate di una logica stringente, siano espressive di buon senso e soprattutto finalizzate a realizzare, all’interno della comunità, rapporti secondo giustizia. Questi elementi dovrebbero sempre ispirare l’azione del legislatore, ma anche la successiva attività di interpretazione e la fase di applicazione. Ebbene, mi piacerebbe capire qual è la logica di termini posti a ridosso, e a volte anche prima. della fine dei campionati. E ancora di termini per l’adeguamento degli impianti e il deposito della documentazione fissati in pieno periodo estivo. Nonché della decisione di iniziare i campionati in pieno mese di agosto, mentre il mercato è ancora in corso e si stanno ultimando gli ultimi scampoli di vacanze. Mi piacerebbe capire ancora qual è la logica sottesa ad una rigidità burocratica incrollabile, in un Paese in cui la realizzazione delle opere pubbliche ha una durata illimitata e indefinita e il diritto degli appalti costituisce una delle materie a più elevato tasso di modificazione. Vorrei poi essere edotto su come si possa pretendere un’assoluta e indiscutibile osservanza delle regole da parte di quelle istituzioni calcistiche che da anni fingono di non conoscere la reale situazione finanziaria di molte società operanti nei campionati professionistici, che si premurano di attribuire punti di penalizzazione e/o di modificarli più volte e di escludere le squadre dai campionati soltanto alla fine, o, magari, in prossimità della fine, alterando o stravolgendo i tornei, che fanno iniziare i campionati senza alcuna certezza sulla loro composizione, come sta accadendo per le attuali serie B e serie C. E così via. Infine, vorrei che si tenesse conto del fatto che la sostanza deve sempre prevalere sulla forma, soprattutto quando il risultato che ne discende contrasta con il buon senso e ha i tratti dell’ingiustizia. È quanto avvenuto con la vicenda dello stadio Ceravolo, visto che il nulla osta sui lavori effettuati e la regolarità della documentazione si sono profilati all’inizio della settimana ed esistevano tutte le condizioni per giocare a Catanzaro e non a Lecce. Bisognerebbe tener presente che, al di là degli interessi economici, delle esigenze televisive e di quant’altro, il calcio vero si regge sulla passione e l’amore dei tifosi. E i tifosi meritano, sempre, attenzione e rispetto. L’augurio è che queste linee operative orientino in ogni circostanza le istituzioni che governano il mondo del calcio. Fortunatamente per il Catanzaro a Lecce tutto è finito bene. E ora ci apprestiamo finalmente a godere del ritorno in serie B nell’atmosfera incantata di uno stadio imbandierato di giallo e rosso. Sarà sicuramente una festa, con il pubblico delle grandi occasioni, in trepidante attesa di poter innalzare al cielo il canto della vittoria. Che lo spettacolo ricominci e che si possa anche ora urlare compatti “Mamma Cinema”!

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