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Quando la vita è tutta una parata

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Quando ero ragazzino e facevo la raccolta delle figurine Panini, che, per inciso, continuo a fare anche alla mia veneranda età, mascherandomi falsamente fino a qualche anno fa dietro mio figlio e oggi dietro mia nipote, una di quelle che mi era rimasta più impressa era stata quella di Boranga, in parte per il nome, che rievocava atmosfere africane, in parte per il viso da guascone, che trasmetteva immediata simpatia.

È stata, quindi, una grande emozione lunedì scorso poterlo vedere in diretta skype su RTC Catanzaro Sport e dialogare con lui. E inevitabilmente è ritornato alla mente il racconto della sua incredibile vita, perché Boranga è stato indiscutibilmente un calciatore atipico,

lo sarebbe stato oggi, figuriamoci ieri, visto che contemporaneamente agli impegni sportivi coltivava gli studi di medicina, che lo avrebbero portato alla laurea e a una successiva brillante carriera medica.

La vena di follia che solitamente caratterizzava i portieri degli anni Sessanta e Settanta ha accompagnato anche il percorso calcistico di Boranga, che non disdegnava di inseguire qualche suo avversario sul campo per mordaci scambi di battute o di avventurarsi in uscite kamikaze in volo o sui piedi di giocatori proiettati verso la porta.

Il ricordo di Boranga è quello di un portiere atletico, dotato di uno scatto felino e di grande coraggio a difesa dei pali della Fiorentina, del Cesena e della Reggiana, ma la particolarità che lo ha sempre accompagnato e reso unico è sempre stata quella di essere un portiere con il camice.

E nel corso della conversazione con gli ospiti in studio, Boranga ha rimarcato in maniera ferma e costante che il calcio è sempre stato per lui una sorta di gioiosa parentesi, di intermezzo, in attesa di realizzare la sua vera vocazione di medico, perseguita con l’assiduità dello studio.

Ciò lo ha reso mentalmente più distante dalle logiche e dai deliri del calcio, sicché l’interiore libertà e la fondamentale indipendenza lo hanno sicuramente penalizzato sotto il profilo calcistico, visto che si trattava di un personaggio scomodo, poco incline ai balletti inconcludenti dell’ambiente sportivo, ma senza alcun rimpianto, dal momento che il sogno della sua vita rimaneva pur sempre quello di esercitare la professione medica.

In questa veste ha continuato a frequentare il mondo calcistico e quello sportivo più in generale e ha dimostrato, vestendo la divisa di portiere alla soglia degli ottant’anni, che la passione sportiva può essere coltivata senza limiti di età, ma a condizione di seguire una vita sana e una alimentazione corretta.

Si comprende, quindi, l’orgoglio di Boranga per i suoi successi nel campo dell’atletica over, dove ha vinto titoli italiani, europei e mondiali e detiene record mondiali, che intende migliorare. Costituisce una rarità? Probabile, ma lo spirito che lo ha accompagnato fino ad oggi vuole essere un esempio per tutti, di longevità sì, ma soprattutto di stile di vita. Ed è per questa ragione che ha trasferito su carta i suoi studi e le sue esperienze in un libro che spiega “Come parare la vecchiaia”, per far diventare normale quello che oggi può sembrare eccezionale.

Ma, alla fine, nel dialogo con Boranga il calcio si è disperso nell’aria? No, assolutamente. Il dottore ha parlato, infatti, della partita tra Reggiana e Catanzaro, a cui ha assistito, e ha messo in rilievo come si sia trattato di un incontro piacevole, connotato da un sostanziale equilibrio, che ha reso giusto il risultato finale. Su sollecitazione dello studio, si è poi soffermato sui nostri portieri e ha precisato che la scuola italiana, considerata in passato la migliore del mondo, in realtà non ha mai perso questo carattere.

Il cambiamento osservato negli ultimi decenni è dovuto soprattutto alla maggiore prestanza fisica dei portieri stranieri, che, però, hanno potuto migliorare le loro qualità proprio grazie ai preparatori e agli allenatori italiani. E i portieri italiani ora sono di nuovo ritornati in auge, grazie sicuramente a Donnarumma, ma anche ad altri giovani che ne stanno seguendo le orme.

Tutti contenti alla fine dell’incontro: da Boranga una piccola, ma significativa, lezione di vita, prima ancora che di calcio.

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