Non costa nulla immaginare l’impossibile
Di Antonio Ionà
Ben più di qualcuno, nella pausa tra i due tempi della partita giocata con il Como, quantomeno sul piano onirico, ha accarezzato, per qualche momento, l’idea che la promozione nella massima serie potesse essere qualcosa di davvero possibile.
Purtroppo, come spesso avviene a queste latitudini, la doccia fredda che restituisce alla triste e dura realtà i sognatori arrivava subito: i lariani, con Gabrielloni prima e Da Cunha dopo, in poco più di 5 minuti, zittivano il Ceravolo e ricacciavano in gola parole che oggi appaiono troppo assurde per essere profferite.
Ed è con questo spirito che il nostro Catanzaro, impegnato nella sfida esterna con il Modena, partiva per l’Emilia, quello di chi ha perso, forse, l’ultimo treno per la stazione dei sogni ma non per questo ha deciso di deporre le armi.
Corre il sedicesimo minuto di gioco ed il Catanzaro – scrollatosi di dosso i fantasmi della partita precedente – rende partecipe gli spettatori di quanto ben gli riesca mettere in pratica il manifesto della verticalità calcistica: il possesso basso dei giallorossi irretisce il Modena che si abbassa troppo e si spezza in due, Fulignati imbuca per Vandeputte – magistralmente dirottato nel mezzo del rettangolo di gioco da Vivarini per quasi tutto il match – che prima raccoglie sul cerchio di centrocampo, resistendo tenacemente ad un improvvido intervento avversario, per poi attaccare lo spazio ed infine assistere splendidamente Iemmello che, raccolta la palla sulla linea dei 16 metri, rimbalzando sul corpo del diretto avversario con assoluta esperienza, crea lo spazio per disegnare un diagonale preciso ed imparabile. Il Catanzaro è già in vantaggio.
Passano pochi minuti e le Aquile raddoppiano con gli stessi interpreti ma con ruoli diversi: un magistrale e geniale colpo di tacco del capitano spezza la linea del pressing degli emiliani concedendo all’ala belga un corridoio centrale nel quale trottare dalla propria metà campo fino a ridosso dell’area avversaria dove, calibrata la mira, colpisce l’angolino basso di sinistra con un preciso e mortifero tiro.
La partita sembra ormai sotto ghiaccio fin quando, inaspettatamente, un pasticcio difensivo dei nostri ragazzi permette ai canarini di accorciare le distanze a pochi minuti dai due fischi che sanciscono l’inizio dell’intervallo.
Il rientro sul terreno di gioco registra, ancora una volta, la totale assenza delle Aquile nei primi minuti della ripresa, questa volta, però, il fortino difensivo regge ed il Catanzaro riesce a prendere il largo dapprima solo virtualmente, con un gol annullato ad Ambrosino per un fuorigioco millimetrico, poi fattivamente con la doppietta di un Iemmello in stato di grazia.
Tanto detto devo ammettere, con assoluta sincerità, che fra i sognatori di cui sopra il sottoscritto era ed è da sempre tra i capifila, poiché, se è pur vero che questa attanagliante e scadente realtà nella quale siamo immersi annega i desideri ed annerisce la fantasia, è anche vero che per i 90’ minuti nei quali gioca il nostro amato Catanzaro tutto diventa possibile.
E questa possibilità di cambiamento, di emersione da questa pozza fagocitante, si rinforza e rinvigorisce se la bandiera della lotta viene sorretta da un ragazzo che in questa maledetta provincia c’è nato e ne porta le stimmate addosso.
Alla fine cosa costa, a noi tutti, che siamo indottrinati a vedere la normalità come un miraggio, immaginare l’impossibile? A noi, costretti ad abbandonare i luoghi della nostra infanzia e a privarci degli abbracci che ci fanno sentire a casa, cosa costa credere che un ragazzo, segnato dalle stesse cicatrici di tutti quelli che in questo posto dimenticato hanno vissuto e vivono, possa farci vivere la gioia più grande di tutte?

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