Rientro a casa dopo la partita casalinga contro la Reggiana e sento il bisogno di mettere su carta qualche considerazione che da tempo mi frulla per la testa.
Oggi ho assistito ad una prestazione assolutamente negativa della compagine arbitrale, eh sì, perché ormai non si può più parlare di terna arbitrale, ma di uno staff completo, con l’effetto, però, che all’aumento del numero dei partecipanti non corrisponde di certo un miglioramento dei risultati. Nella partita odierna si è raggiunta l’apoteosi delle sviste, degli errori e delle decisioni sbagliate, che si sommano ai tanti già ingoiati in precedenza.
Un dato risulta evidente, e cioè che gli arbitri sono peggiorati e gli assistenti assistono sempre meno, per non dire quasi affatto. Si sono visti falli laterali invertiti, calci d’angolo non concessi, punizioni negate, in virtù del fatto che gli assistenti di linea ormai prima di alzare la bandierina o di dare un’indicazione aspettano un segnale dall’arbitro: in questo modo sicuramente non si è di alcun aiuto.
Da parte sua l’arbitro ormai si affida alla sala Var, da cui attende suggerimenti e segnali per decidere. Il risultato è una partita spezzettata, priva di fluidità, in cui ormai è favorita solamente la capacità di recitazione, l’abilità nei tuffi, la bravura nei rotolamenti e la perizia nel mimare dolori e infortuni.
Sotto questo profilo è fortemente peggiorato anche il comportamento dei calciatori, che si fingono feriti gravi o moribondi in ogni azione all’interno dell’area di rigore e che rimangono stesi per terra ogni qualvolta il pallone si avvicina alla porta.
Nell’incontro con la Reggiana è stato sfoggiato l’intero campionario, con una rete annullata al Catanzaro per un presunto fallo di Iemmello (?) prima del tocco di Pontisso, una serie di falli contro gli attaccanti ad ogni traversone in area, della serie “mi purgo in salute” fischiando un fallo di confusione, anche se non c’è, e un’attesa di quasi tre minuti per convalidare la rete del pareggio di Scognamillo, a seguito del collasso di un difensore emiliano in area abbattuto da non si sa bene quale arma letale.
Che belli i tempi di Gentile che strapazzava a ripetizione prima Maradona e poi Zico, dei duelli di forza tra Burgnich e Riva senza esclusioni di colpi, degli scontri fisici al centro del campo con protagonisti giocatori come Benetti, Oriali o il giallorosso Braca. Oggi sembra una rappresentazione di ballerini di valzer o di consumati attori della Comedie Francaise, pronti a stramazzare al suolo al minimo urto o al più lieve contatto con il dito della mano.
A tutto questo ha sicuramente contribuito il Var, che, da una parte, ha rafforzato l’arte simulatoria dei calciatori e, dall’altra, ha deresponsabilizzato l’arbitro, che aspetta il verdetto delle immagini per assumere una decisione.
Eliminiamo, quindi, il Var? Giammai, perché questo strumento tecnologico, al pari della Goal Line, evita una grande quantità di errori ed è utilissimo. Vanno ridisegnate, invece, alcune regole e va sicuramente rivista la sua ingiustificata invasività, perché il rischio che si sta correndo è quello della sovrapposizione di due partite, una sul campo ed un’altra alla moviola, senza sapere quale delle due in conclusione finisca per prevalere.
Sulle regole: sarebbe il caso di smetterla di considerare l’esistenza del fuori gioco per qualche centimetro di scarpa o di tallone o di punta del naso o di spalla o di ciocca dei capelli. Così come sarebbe opportuno evitare di ritenere il fallo di mano o di braccio in area in relazione alla presunta naturalezza del movimento o alla posizione all’interno o all’esterno della sagoma.
Come anche bisognerebbe impedire di far valutare alla moviola l’intensità del contatto, visto che è certamente più corretto il giudizio che può venire dal campo. E, infine, si dovrebbe impedire di risalire indietro nell’azione fino a ritrovare chissà quale falletto, a meno di situazioni di particolare evidenza, perché non si dovrebbe mai dimenticare che il calcio è gioco di contatto e non per danzatrici di can can.
E poi, sarebbe forse il caso di abolire l’astrusa regola del fuorigioco evidente chiamato soltanto alla fine dell’azione; una scelta di tal genere non ha alcun senso e serve soltanto a creare confusione e rabbia: o forse prima era tutto troppo semplice e la complicazione è invece sintomo di profondità culturale!
Sull’uso del Var: va escluso l’eccesso che finisce per diventare abuso, perché ha un senso intervenire nell’ipotesi di errore eclatante o di svista completa, ma non ne ha alcuno quando si intende sostituire l’operato dell’arbitro, che sul campo valuta meglio di ogni altro, anche di chi sta sugli spalti, l’intensità di un contatto o le modalità di uno scontro.
Altrimenti, non vale neanche la pena averlo, basta affidarsi all’intelligenza artificiale o ai valutatori in poltrona, che, magari, non hanno mai visto da vicino un prato verde e non sanno come si salta, come si marca e non conoscono i mille trucchi del mestiere.
Smettiamola, quindi, di smorzare l’entusiasmo della folla allo stadio per una rete, perché ormai bisogna sempre aspettare l’esito dei giudici seduti sul divano. Al punto che anche allo stadio, invece di saltare di gioia e abbracciarsi, è diventata prassi costante rivedere sui telefonini l’azione per ottenere la conferma della validità della segnatura.
Ma tutto questo non è più calcio, è la trasposizione nella realtà del mondo televisivo, con le pause pubblicitarie, la moviola e le discussioni sull’interpretazione di fatti e regole. Con le partite che durano un’eternità e la consapevolezza sempre più viva che forse tanto vale restare al caldo a casa, visto che in ogni circostanza il primo pensiero è telefonare a chi sta seguendo la partita in televisione per sapere se quello che ha visto dalla tribuna è corretto o è viziato da chissà cosa.
Vi piace? A me, onestamente, no.
CREDIT FOTO: US Catanzaro 1929
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