Si avvicinano le festività natalizie e riaffiora la nostalgia del passato. Il Mantova rievoca il tempo della mia adolescenza, perché nella prima raccolta di figurine Panini della mia vita, quella del campionato 1966-67, tra le squadre di serie A compariva il Mantova, nella cui formazione risaltavano il portiere Zoff, i terzini Scesa e Corsini, i centrocampisti Volpi e Giagnoni, il centravanti Di Giacomo e le due ali Salvemini e Spelta.
Ma la conoscenza della compagine lombarda era avvenuta allo stadio Militare nel corso del torneo precedente, quando i giallorossi allenati da Dino Ballacci avevano colto il successo tra le mura amiche grazie alla rete del mio idolo Gianni Bui.
Qualche anno dopo avrei vissuto una nuova vittoria, con un goal siglato da Zimolo, giocatore non amato affatto da mio padre, a cui sarebbe seguita la splendida, ed inattesa, conquista della prima serie A.
E nella massima serie avrei ritrovato, ma questa volta con la casacca giallorossa, Alberto Spelta, che si sarebbe rivelato il migliore marcatore di quel campionato e avrebbe realizzato entrambe le reti contro il Mantova nei due pareggi per 1 a 1.
Non ho nessun rimpianto, invece, per la disgraziata stagione 2005-2006 e per una delle tante sconfitte casalinghe, sebbene rimanga il ricordo di re Giorgio Corona, amato incondizionatamente da mio figlio, e da lui poi seguito nella sua esperienza in serie A con il Catania e nei due successivi campionati nella serie cadetta proprio con il Mantova in coppia con un altro bomber come Godeas.
I ricordi inteneriscono il cuore e fanno sospirare al pensiero di un tempo spensierato, carico di sogni e di speranze, e di persone care che non ci sono più. Ma la vita va avanti, ci sono altri cari, che rappresentano un felice presente e guardano al futuro, e c’è una realtà che ha concretizzato reconditi desideri e aperto l’orizzonte della fantasia verso nuove mete. Quello che è stato rimane chiuso nell’anima, ma quanto è bello poter vivere l’attualità e partecipare alla costruzione di ciò che diventerà poi patrimonio della storia, di ognuno e di un’intera comunità.
Lo sport, e il calcio in particolare, hanno la capacità di rompere la solitudine di un individuo e di farlo sentire parte di un tutto, accomunato dalle stesse radici, dai medesimi sentimenti, da uguali tradizioni, da identici colori, odori e sapori, che formano un senso di appartenenza e di unità, che annulla le differenze, supera le distinzioni e crea un’atmosfera magica, che, attraverso la passione, ricompone una vera comunione di luogo e di tempo.
Questa magia si è percepita distintamente a Catanzaro negli ultimi due anni grazie alla squadra di calcio e l’onda lunga di tale suggestione ha continuato ad alimentare il corso dell’esistenza del popolo catanzarese. E ciò nonostante perplessità, dubbi e incertezze, che non hanno scalfito il sorriso sereno di chi ha ritrovato un amore sbiadito e vuole fortissimamente credere che non si è inceppato alcun congegno, ma vi è stato un semplice rallentamento, del tutto fisiologico, in un cammino inarrestabile.
La partita con il Mantova si inserisce in questo quadro e per ciò si può comprendere quanto sia importante, e necessario, vincere. Con l’addio di Vivarini, i primi tre mesi della nuova stagione sono stati vissuti come una lunga pausa d’attesa, come un lungo momento di riassestamento dopo una piccola tempesta, sicché tutti ora aspettano il cambio di passo per rinverdire gioie e fasti del recente passato.
Pazienza e tranquillità sono state le parole d’ordine che hanno caratterizzato l’intero ambiente e la cornice offerta, sempre, dalla tifoseria ha costituito la plastica dimostrazione della volontà di essere vicini alla società, all’allenatore e alla squadra, senza riserve.
Domani non è ammesso sbagliare, né formazione né assetto tattico, non è concepibile un risultato diverso dalla vittoria, non è pensabile un gioco stentato e confuso: bisogna assolutamente rivedere il Catanzaro allegro, gioioso e fantasioso che ha dato spettacolo e deliziato gli spettatori su tutti i campi della serie C prima e della serie B dopo. E sono sicuro che sarà così, con Iemmello ad orchestrare tre metri sopra il cielo e tutti gli altri a suonare lo spartito della festa. In alto le mani e ricominciamo!
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